La Canapa: Dalla Libertà Millenaria al Sogno Industriale Infranto dal Proibizionismo

La Canapa: Dalla Libertà Millenaria al Sogno Industriale Infranto dal Proibizionismo

  1. ARGOMENTI:

    • Introduzione: Stato attuale e accettazione antica/storica.
    • Prime Ombre del Proibizionismo Pre-XX Secolo: Le prime restrizioni che NON sono negli Stati Uniti (es. Islamico, Madagascar).
    • L’Ombra del Proibizionismo: Le Prime Fessure nella Libertà del XX Secolo: Le prime leggi e convenzioni che preparano il terreno negli USA e a livello internazionale (inizio ‘900, Harrison Act, Convenzione di Ginevra, Proibizionismo Alcol). Qui si introduce l’ambiente che porta ad Anslinger.
    • La Chemurgia: La Promessa di un “Miliardo di Dollari” e il Sogno di Henry Ford: Questo è il potenziale che si stava sviluppando proprio quando le forze proibizioniste prendevano il sopravvento. È importante mostrare cosa si stava per perdere.
    • La “Minaccia della Marijuana” e il Soffocamento di una Promessa: Qui si parla della propaganda di Anslinger e degli interessi economici potenti (Hearst, DuPont, ecc.) che videro la Chemurgia come una minaccia e agirono per sopprimerla.
    • Il Marihuana Tax Act del 1937: La Morte dell’Industria della Canapa: La legge che concretizza la proibizione e distrugge l’industria.
    • L’Italia e la Canapa: L’Apice Fascista e la Caduta: Il caso italiano che mostra come il declino sia stato un fenomeno globale.
    • La Cannabis nel Contesto Internazionale e le Onde del Proibizionismo: Gli sviluppi post-1937 (CND, Convenzioni ONU, Nixon, Shafer, Modello Olandese, Carter, Reagan, ecc.).
    • La Rinascita della Canapa: Un Ritorno alle Origini? Le applicazioni moderne e il futuro.
    • La situazione italiana: GUERRA APERTA!! Il paradosso del CBD e la stretta recente, in contrasto con le posizioni europee.

Tabella dei Contenuti

Dall’Accettazione al Proibizionismo: La Complessa Storia della Cannabis

In un’epoca in cui Paesi come Malta, Lussemburgo e Germania allentano le maglie sul proibizionismo e altri Stati americani abbracciano la legalizzazione, il dibattito sulla cannabis è più acceso che mai.
 
Nonostante questa ondata di cambiamento, in gran parte del mondo la pianta rimane un illecito, frutto di un secolo di demonizzazione.
 
Eppure, la sua storia millenaria racconta un’altra verità, molto lontana dalla stigmatizzazione moderna.
Per migliaia di anni, la cannabis è stata una delle colture più utili e versatili del pianeta.
Le sue fibre venivano utilizzate per produrre tessuti resistenti e corde, le sue sementi erano una fonte di nutrimento essenziale, e le sue proprietà venivano sfruttate a fini medicinali e rituali da culture antiche come gli Indù e gli Sciti.
 
Nel XVI secolo, l’importanza strategica della canapa era tale che Re Enrico VIII ne imponeva la coltivazione in Inghilterra per sostenere la flotta navale.
 
Negli Stati Uniti, tra il 1840 e il 1900, la cannabis era un ingrediente comune nelle farmacopee, venduta liberamente nelle farmacie come rimedio per una vasta gamma di disturbi.
 
In sintesi, per secoli la cannabis ha goduto di uno status di “libertà” quasi incondizionato, vista non come una minaccia, ma come una risorsa.
 

Come ha potuto una pianta con una storia così lunga e integrata nella società trasformarsi in uno dei simboli più potenti della “guerra alla droga” del Novecento?

 
Questo articolo esplora le ombre che si sono addensate su questa risorsa, i potenti interessi economici che hanno orchestrato la sua caduta in disgrazia e l’incredibile promessa industriale che è stata distrutta.

Le Prime Ombre del Proibizionismo Pre-XX Secolo

Le prime restrizioni moderne non sono un’invenzione del XX secolo.
Già nel XIV secolo, il mondo islamico proibì l’uso dell’hashish per motivi morali.
Seguirono divieti in Madagascar (1817, con pena di morte), Brasile (1830), e nelle colonie britanniche come Singapore e Natal (1870).
 
Questi furono i primi segnali di un fenomeno complesso che avrebbe segnato la storia globale.
 

L’Ombra del Proibizionismo:

Le Prime Fessure nella Libertà del XX Secolo Nonostante il suo lungo passato di utilità, all’inizio del XX secolo iniziarono a emergere le prime crepe in questa libertà, gettando le basi per la successiva ondata proibizionista degli anni ’30.
  • Le prime leggi statali (inizio ‘900): Alcuni stati americani iniziarono a emanare leggi generiche che regolamentavano sostanze “stupefacenti”, spesso includendo la cannabis senza distinzioni chiare. La motivazione era prevalentemente moralistica e legata al controllo sociale, con sfumature razziali che miravano a limitare l’uso da parte di minoranze (immigrati messicani che usavano la “marihuana”, termine introdotto per distinguerla dalla “canapa” industriale).
  • L’Harrison Narcotics Tax Act del 1914: Questa fu la prima legge federale statunitense a tassare i narcotici (oppiacei e cocaina), creando un precedente per il controllo federale sulle sostanze e servendo da modello per il futuro Marihuana Tax Act.
  • La Convenzione Internazionale sull’Oppio del 1925 (Ginevra): A livello internazionale, la cannabis fu aggiunta alla lista delle sostanze controllate su pressione dell’Egitto, citando problemi legati all’hashish. Questa convenzione segnò un passo importante verso il controllo internazionale.
  • Il contesto della Proibizione dell’Alcol (1920-1933): Il proibizionismo dell’alcol creò un clima favorevole all’idea che il governo dovesse controllare le abitudini personali. Terminata questa era, le autorità cercarono nuove “battaglie”, e la cannabis divenne un bersaglio conveniente.
Questi precedenti gettarono le basi per l’escalation proibizionista degli anni ’30.

La Chemurgia: La Promessa di un “Miliardo di Dollari” e il Sogno di Henry Ford

Proprio in quegli anni, la cannabis stava per rivoluzionare l’industria. Nel 1934, il chimico William J. Hale coniò il termine “chemurgia”, una disciplina che si proponeva di ottenere sostanze chimiche industriali dai prodotti agricoli.
 
In un’epoca di depressione e ricerca di nuove risorse, la canapa (Cannabis Sativa) era vista come una “coltura da un miliardo di dollari”, promettendo prosperità agricola e sostenibilità industriale.
 
Le sue fibre e i suoi semi potevano essere trasformati in una vasta gamma di prodotti:
  • Tessuti e carta: Fibre estremamente resistenti per tessuti, corde e carta (un ettaro di canapa produceva molta più carta di un ettaro di alberi, con minore impatto ambientale).
  • Plastiche ecologiche e materiali compositi: Già allora si esplorava l’uso delle fibre di canapa per creare bioplastiche. Henry Ford, pioniere della chemurgia, nel 1936 presentò un prototipo di automobile con carrozzeria in bioplastica derivata anche dalla canapa, sognando veicoli “coltivabili”.
  • Biocarburanti e oli: Dai semi si ricavava olio per cucina, industria e come fonte di biocarburante.
  • Vernici, solventi e altri prodotti chimici: La versatilità della pianta permetteva di ricavare una miriade di prodotti, promuovendo un’economia circolare.
L’innovazione chiave furono le nuove macchine per la decorticazione, che promettevano di rendere la lavorazione della canapa estremamente efficiente ed economicamente vantaggiosa, come esaltato da riviste popolari come Popular Mechanics nel 1938.

La “Minaccia della Marijuana” e il Soffocamento di una Promessa

Nonostante queste immense potenzialità, gli anni ’30 furono l’inizio della fine per la canapa su larga scala, a causa di una crescente campagna di proibizionismo.
 
Questa campagna fu alimentata da una combinazione tossica di interessi economici, pregiudizi sociali e un’efficace propaganda.
 
Il “pericolo marijuana” venne coniato e diffuso da figure come Harry Anslinger, che, da primo commissario dell’Ufficio Federale sui Narcotici, divenne l’architetto della guerra alle droghe negli Stati Uniti.
 
La sua retorica dipingeva la “marijuana” come una droga demoniaca che portava a follia e crimine, spesso con sfumature razziste verso i migranti messicani e le minoranze.
Film di propaganda come “Reefer Madness” (1936) contribuirono a fomentare il panico morale( e un altro film e volantini,  ne parliamo nel prossimo articolo:Quando la Propaganda Trasformò la Cannabis in un Demone).

Dietro la facciata moralistica, si celavano potenti interessi economici che vedevano nella canapa un pericoloso concorrente:

 
  • L’industria della carta e della cellulosa: Aziende come DuPont e il conglomerato Hearst (con le sue immense proprietà forestali e i suoi giornali che promuovevano la narrazione proibizionista) avevano investito pesantemente nella produzione di carta dalla pasta di legno e nello sviluppo di fibre sintetiche (come il nylon di DuPont). La canapa, con la sua efficienza, minacciava seriamente questi mercati.
  • L’industria petrolifera e chimica: Non vedevano di buon occhio un’alternativa naturale e rinnovabile per plastiche e fibre sintetiche.
  • L’industria farmaceutica e dell’alcol: Erano meno interessate a prodotti a base vegetale facilmente coltivabili, o temevano la concorrenza.

L’Italia e la Canapa: L’Apice Fascista e la Caduta

L’Italia e la Canapa: L’Apice Fascista e la Caduta

Mentre negli Stati Uniti l’industria della canapa veniva soffocata da interessi economici e campagne di demonizzazione, in Italia la situazione era paradossalmente all’apice del suo splendore.
Anche qui, però, l’ombra del proibizionismo non avrebbe tardato a farsi sentire.
 
Molti ignorano la prestigiosa tradizione italiana nella coltivazione della canapa, un settore che ha vissuto il suo massimo splendore tra gli anni ’20 e la metà degli anni ’40, in pieno periodo fascista.
A cavallo tra ‘800 e ‘900, il filato italiano era rinomato in tutto il mondo per la sua qualità, un prestigio che fu riconosciuto persino dall’Ufficio per l’Interno del Reich tedesco, che in una relazione del 1913 elogiava la coltivazione e la lavorazione della canapa in Italia. Fu il regime, in seguito, a riconoscerne il potenziale strategico.
 
Benito Mussolini stesso, nel 1925, si espresse così: “La Canapa è stata posta all’ordine del giorno della nazione, perché per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l’estero nel settore delle fibre tessili… c’è anche il lato sociale… 30.000 operai ai quali dà lavoro l’industria canapiera italiana”.
 
Con questa visione, vennero istituiti consorzi e sindacati per disciplinare e promuovere la produzione, coordinati dalla Confederazione Fascista Agricoltori.
 
Nonostante il divieto della cannabis fosse già sancito in Italia con un decreto del 1925, a seguito della ratifica della Convenzione dell’Oppio del 1912, il regime continuò a sostenere e promuovere l’utilizzo industriale della pianta.
 
L’Italia divenne il secondo produttore mondiale dopo l’Unione Sovietica, con una superficie coltivata che passò dai 60.000 ettari del 1934 a un apice di 102.000 ettari nel 1941.
Gli stabilimenti di lavorazione, come quelli a Cassano d’Adda e Genova, esportavano in tutto il mondo.
Il piccolo centro piemontese di Carmagnola, in particolare, divenne un punto nevralgico della filatura e diede il nome a una delle varietà italiane di canapa più pregiate in assoluto.
 
Non si trattava di un settore marginale, ma di un’industria all’avanguardia che produceva innovazioni come il cafioc (sostituto del cotone) e il gassogeno (generatore di combustibile), in un’ottica di indipendenza industriale che si allineava con esperimenti internazionali come la Hemp Body Car di Henry Ford.
 
Il declino iniziò dopo la Seconda Guerra Mondiale, non per ragioni economiche interne, ma per un’opera di boicottaggio orchestrata da lobby internazionali.
 
La spinta verso le fibre derivate dal petrolio come nylon e rayon, promossa da Paesi come gli Stati Uniti, trovò terreno fertile con il Piano Marshall.
 
Il proibizionismo americano, che aveva già etichettato l’hashish come “nemico della razza”, definì i contorni di un’opera malvagia che portò al lento ma inarrestabile declino di una delle industrie più fiorenti del Paese.
 
Il risultato fu l’estinzione completa di ogni tipo di coltura su scala nazionale, arrivata nel 1971, proprio mentre il proibizionismo si rafforzava definitivamente a livello internazionale.
Produzione della canapa durante gli anni ’30

L’Industria Nazionale – rivista mensile sull’autarchia, pubblicazione edita fra 1937 e 1941, proprio nel 1937 orgogliosamente informava che “la produzione della canapa in Italia è ascesa nel 1936 a 850.00 chilogrammi di raccolta, di cui 690.000 di taglio e 160.000 di stoppa a scarto”.

Insomma… Berta filava!!

Il Marihuana Tax Act del 1937: La Morte dell’Industria della Canapa

Il culmine di questa campagna di demonizzazione fu il Marihuana Tax Act del 1937.
 
Questa legge impose tasse proibitive su ogni fase della catena di produzione e distribuzione della canapa, rendendo di fatto impossibile la sua coltivazione e commercializzazione legale. Di fronte a requisiti burocratici complessi e oneri fiscali insostenibili, l’industria della canapa negli Stati Uniti fu spazzata via quasi dall’oggi al domani.
 
L’American Medical Association (AMA) si oppose alla legge, evidenziando gli usi medici legittimi della cannabis, ma le loro obiezioni furono ignorate.
 
Il potenziale rivoluzionario della chemurgia fu soffocato sul nascere, e questa legge influenzò fortemente le politiche proibizioniste a livello globale, gettando le basi per la successiva “Guerra alla Droga”.

La Cannabis nel Contesto Internazionale e le Onde del Proibizionismo

Il proibizionismo si rafforzò a livello internazionale.
Nel 1955, la Commissione Nazionale Narcotici (CND) dichiarò la cannabis priva di valore medico.
 
La Convenzione Unica sugli Stupefacenti del 1961 a New York (e quella sulle Sostanze Psicotrope del 1971) ne sancì la proibizione quasi totale, supportata anche dall’OMS (1969) che la definì una droga altamente dipendente.
 
Il Presidente Nixon, influenzato da queste posizioni, firmò il Controlled Substances Act nel 1970, equiparando la cannabis a sostanze come l’eroina.
 
Tuttavia, non mancarono le voci di dissenso. La Shafer Commission, nominata dallo stesso Nixon, si pronunciò contro il proibizionismo, sebbene il suo rapporto fosse ignorato dalla Casa Bianca.
Ciò nonostante, dal 1973 stati come l’Oregon iniziarono a depenalizzare la cannabis, riducendo le pene.
 
L’Olanda, con il suo “modello di tolleranza” dei Coffee Shop (dagli anni ’70), fu pioniera nel separare il mercato delle droghe leggere da quelle pesanti, nonostante la contraddizione del “backdoor problem” (approvvigionamento illegale).
 
Il tentativo del Presidente Jimmy Carter nel 1979 di decriminalizzare a livello federale fallì con l’elezione di Ronald Reagan (1981), che intensificò la “Guerra alla Droga”, culminata nella Convenzione delle Nazioni Unite del 1988 con obblighi ancora più severi per gli stati.
 
A livello globale, organizzazioni come l’UNODC nel 2006 hanno continuato a sostenere posizioni allarmistiche (come la “pandemia di Cannabis”), spesso riprendendo la retorica diffamatoria di Anslinger.
 
L’American Medical Association (AMA) si oppose alla legge, evidenziando gli usi medici legittimi della cannabis, ma le loro obiezioni furono ignorate.
 
Il potenziale rivoluzionario della chemurgia fu soffocato sul nascere, e questa legge influenzò fortemente le politiche proibizioniste a livello globale, gettando le basi per la successiva “Guerra alla Droga”.

La Rinascita della Canapa: Un Ritorno alle Origini?

Nonostante decenni di proibizionismo e diffamazione, la canapa sta vivendo una nuova rinascita globale.
Si sta riscoprendo e distinguendo la canapa industriale (a basso THC) dalla marijuana, con applicazioni in settori innovativi come:
  • La bioedilizia (calce e canapa)
  • Le bioplastiche (il sogno di Henry Ford che rivive)
  • I tessuti ecologici
  • La carta (alternativa sostenibile)
  • Gli alimenti e i cosmetici (semi, olio, CBD)
  • Medicina e Cosmesi
La “chemurgia della canapa” torna a essere un campo di studio e investimento, promuovendo un’economia verde e circolare.
 
Di fronte alle crescenti evidenze scientifiche e al dibattito globale, la percezione della cannabis è in continua evoluzione, e la pianta del futuro, un tempo demonizzata, sta finalmente riemergendo dalle ombre del proibizionismo.
La Cannabis di Schrödinger: Un Paradosso Legale tra Italia ed Europa-salvini-cbd-ddl-sicurezza-cannabis

La situazione italiana ai giorni nostri: Un passo indietro?

Mentre il dibattito globale si sposta sempre più verso la legalizzazione e la riscoperta della canapa, la situazione in Italia sembra muoversi in controtendenza.
 
Nonostante la rinascita di un settore produttivo legato alla canapa industriale (la cosiddetta “cannabis light” a basso tenore di THC), che ha generato migliaia di attività commerciali, posti di lavoro e un notevole gettito fiscale, il Paese ha assistito a una nuova e inattesa stretta proibizionista.
 
L’esempio più lampante è la messa al bando quasi totale di prodotti a base di CBD, che ha reso illegali da un giorno all’altro interi comparti produttivi, vanificando gli investimenti e ignorando l’evidenza scientifica.
Questo in un contesto in cui la Commissione Europea, al contrario, si è espressa più volte in favore di una regolamentazione aperta.
 
Già nel 2020, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il CBD non può essere considerato una sostanza stupefacente e che il suo commercio deve essere libero tra i Paesi membri.
 
Questa posizione europea mostra come la “nuova guerra” in Italia si presenti come una contraddizione che alimenta il mercato nero e mostra come l’eredità della retorica di Anslinger sia ancora viva e influente, nonostante il potenziale economico e sociale della pianta.
 
NON CI RESTA CHE RIMANERE A GUARDARE… MA INTANTO POSSIAMO NOI PER PRIMI AIUTARE A FAR PASSARE QUESTO MOMENTO DIFFICILE SUPPORTANDO I NEGOZI DELLA NOSTRA CITTà/ DI FIDUCIA.
 

Ma per comprendere appieno l’efficacia di questa “ombra” e come la percezione della cannabis sia stata drasticamente alterata, dobbiamo esplorare le potenti armi di propaganda dell’epoca, come i famigerati film ‘Reefer Madness’ e ‘Assassin of Youth’, dei quali parleremo nel prossimo articolo.

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